25 Aprile - 1 Maggio - Lo stivale coast to coast

sulle vie dei borboni e dei briganti

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  1. robertomtb
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    Pedaliamo per chilometri su queste strade antiche

    Aggiungo solo che in questo tratto abbiamo visto una gran quantità di quei famosi muretti di pietra , antichi come le strade, perfetti, che formavano una ragnatela indescrivibile e intricata. Una vista che mi ha catapultato nella mia infanzia che anche io trascorrevo per tre mesi l'anno da quelle parti , in un paese che abbiamo sfiorato, Gioia del Colle, presso i miei bisnonni. Sì proprio bisnonni.

    Dai Sergio facci le altre puntate!!!

    La Ferula communis L., volgarmente conosciuta come Finocchiaccio, è una pianta erbacea perenne originaria del bacino del Mediterraneo

    per chi ha maggiori curiosità http://it.wikipedia.org/wiki/Ferula_communis
     
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    Cicloviaggio sulla via dei borboni: Seconda puntata - La città dei sassi (Santeramo in colle - Matera)

    La mattina seguente alle sette sono già sveglio, non ho dormito granchè durante tutta la notte.
    Il freddo notturno, da cui ho cercato di difendermi arrotolandomi il piu' possibile nelle lenzuola e nel copriletto, ha riacutizzato la tosse stizzosa con cui sono partito da casa e che non mi ha fatto chiudere occhio.
    Un po' anche per una leggera tensione ai muscoli delle gambe ed un minimo di apprensione per il prosieguo del viaggio.
    Fatto sta che mi alzo e mi vado a scaldare sotto la doccia. Alle otto sono già pronto per scendere a fare colazione.
    Dalla finestra, in lontananza, si vedono le alpi lucane ancora ricoperte da un manto candido ma la giornata e' luminosa e non lascia dubbi sulle temperature che andremo ad affrontare li fuori.
    Siamo gli unici ospiti della struttura e la colazione ci viene servita in una sorta di anticucina al piano terra, dove arriviamo alla spicciolata.
    Mentre consumiamo il primo pasto un tizio alla ricerca del congresso CGIL ci ricorda che oggi e' un giorno lavorativo, particolare che ci si mostra piu' chiaramente poco piu' tardi, nel momento in cui abbandonata la struttura che ci ha ospitato ci immettiamo nel traffico locale.
    Oggi e' giorno di mercato a Santeramo ed attraversiamo il serpentone di bancarelle multicolore e multiprofumo cercando di non dare troppo fastidio alle persone impegnate nella spesa settimanale. Gia' perche qui la distribuzione di massa, pur essendo presente, non sembra essere così preponderante rispetto a quella dei mercati locali la cui offerta sembra comunque mostrare un aspetto piu' fragrante e genuino.
    Un'altro serpentone però ci attende nella traversa parallela. Un fila di pullman, in parte diretti ad nostro punto di partenza per congresso di cui abbiamo avuto l'evidenza la mattina ed in parte diretti alla nostra meta della giornata: la città dei sassi.
    La vista del traffico mi mette subito di malumore, ho paura che questa scia di torpedoni ci possa accompagnare durante tutto il tragitto giornaliero.
    Fortunatamente la traccia devia per una strada secondaria che ci conduce ad una salvifica strada interpoderale per nulla trafficata ed incorniciata tra due scie di antichi muretti a secco da cui svettano le cime delle "ferule" (comunemete dette "finocchiaccio" cit. Robertomtb), la cui fioritura e' uno spettacolo unico.IMG_8034IMG_8037
    IMG_8039
    Queste piante si allungano ad altezze considerevoli e sull'apice si srotolano letteralmente gli steli coperti da fiorellini di un giallo quasi fluorescente.
    La successione di questi arbusti ci accompagna per un lungo tratto di strada come segnali luminosi ad indicare il cammino.
    IMG_8053
    Di tanto in tanto ci sorpassa un camion autobotte diretto alle varie masserie per prelevare il latte appena munto ma a parte questo siamo gli unici occupanti del manto stradale e davanti a noi si apre un panorama rigoglioso di un verde intenso che contrasta con la visione comune che avevo di questi luoghi. Di fatti li ho sempre visitati in estate e la visione che si presenta agli occhi del turista estivo e quella dell'aridita' e dell' arsura dei campi appena incendiati dopo il raccolto.
    Lo spettacolo che abbiamo davanti invece e' un'mmagine che siamo piu' abituati a vedere il certe immagini della campagna laziale.
    La considerazione comune e' che la primavera rende qualsiasi paesaggio idilliaco.
    Il tragitto quotidiano e' breve, solo 35 chilometri che percorriamo in poco piu' di due ore ad un andatura da passeggiata romantica tra chiacchiere e risate.
    Un breve tratto si Appia (che ritroveremo piu' volte durante il nostro cammino) ci introduce al parco delle chiese rupestri.
    Un luogo dove nei millenni fedeli delle piu' svariate culture religiose si sono prodigati nella costruzione dei loro templi sfruttando le cavita' calcaree della zona.IMG_8055
    Nel Parco sono presenti grotte preistoriche, insediamenti monastici rupestri, insediamenti preistorici e rurali. Una zona di un fascino unico che si afaccia su l'impervio canyon ai piedi di queste alture calcaree e che la divide dalla citta' rupestre di Matera.
    Mi soffermo a guardare il paesaggio e purtroppo qualcosa disturba questa visione ancestrale.
    Osservendola bene, l'acqua del torrente che scorre a fodo valle appare di un colore innaturale, ricoperta di una schiuma color sabbia del deserto che di certo non invoglia non dico a tuffarvisi dentro ma neanche ad avvicinarsi a quello che ha ormai l'aspetto di una maleodorante marrana.PICT0069
    La fame si fa sentire e decidiamo di percorrere velocemente gli ultimi chilometri che ci porteranno alla citta' dei sassi che gia'si affaccia alla nostra vista dall'altro versante della stretta gola.
    IMG_8060
    Percorsi poche centinaia di metri pero' veniamo attratti da una struttura in pietra simile ad un fortilizio ma circondata da invitanti tavolini e pancali di legno.
    E' la sede del centro di educazione ambientale del parco (jazzo Gattini), il responsabile e' sull'uscio della sua struttura e ci guarda incuriosito. Vado in avanscoperta e gli chiedo se e' possibile consumare qualcosa. Lui ci rassicura invitandoci a prendere posto dove preferiamo e la scelta cade sulla tavolata all'aperto (scelta poco felice per via del sole a picco e della temperatura di tutto rispetto).
    Il menu' e' minimale ma di tutto rispetto e nella vera tradizione contadina ci vine offerto un primo piatto a base di frise frantumate e pomodoro, IMG_8072IMG_8074condite con olio, origano e sale, a cui seguono alcune porzioni di lasagna divise in parti uguali tra i commensali, portate di salumi formaggi e verdure sott'olio, delle salciccie cotte alla griglia e dei gustosissimi cipollotti stufati in casseruola di coccio di cui non lasciamo alcuna traccia nella zuppiera contadina in cui ci sono stati serviti.
    Beviamo acqua di fonte ed un vino rosso che ha tutto l'aspetto ed il gusto di quello fatto in casa.
    Il tutto ci da l'impressione che il responsabile della struttura si fatto in quattro con quello che aveva per cercare di venire incontro alla nostra fame nel migliore dei modi, e ci e' riuscito.
    Ci intratteniamo a chiacchierare con lui raccontandogli le nostre intenzioni di viaggio del nostro forum e di argomenti che riguardano iniziative tese alla valorizzazione naturalistica della zona.
    Non abbiamo fretta e ci troviamo a nostro agio presso questo luogo che ci ha accolti in maniera così amichevole ma le ore passano veloci e vogliamo andare a fare un giro per Matera ed i suoi sassi.
    Ci scambiamo i riferimenti telematici e ci congediamo dal nostro ospite con la promessa di citarlo nel resoconto di questa avventura (promessa mantenuta).
    L'albergo scelto per questa notte e'anch'esso qualcosa di simile ad un ex convento ma che di ecclesiastico ha ormai solo un riferimento nel nome e la struttura con il tipico chiostro centrale in cui veniamo invitati a sistemare i nostri mezzi in maniera nemmeno molto gentile. L'adetta alla reception ci accoglie con un fare un po sulle sue, sara' per il nostro aspetto non proprio presentabilissimo o per il nostro fiato che risente ancora della portata a base di cipolle, ma ci da l'impressione di sopportare la nostra presenza esclusivamente per il fatto che di altri ospiti l'albergo non sembra averne molti in questo periodo.
    Ci cambiamo velocemente per sfruttare il resto della giornata nella visita di questa citta' così particolare.
    Dobbiamo fare un po di strada per raggiungere la parte piu' antica di Matera ma oltre che grandi pedalatori abbiamo fama anche di grandi camminatori (nonchè di grandi mangiatori).
    La citta e' illuminata dalla luce del sole pomeridiano che si riflette sul bianco delle rocce calcaree che ne rappresentano il materiale principale di costruzione.
    Facciamo un giro per questo luogo gia' visto in tanti documentari e come ambientazione delle maggiori produzioni cinematografiche ispirate alla passione di Cristo.
    Osservando il paesaggio circostante, così fuori dal consueto, infatti si ha piu' l'impressione di essere nei luoghi narrati dalla bibbia che in un paese di casa nostra.

    PICT0096

    Le abitazioni abbandonate e quelle poche ricostruite a fini turistici raccontano di un passato di miseria e stenti in cui l'alta mortalita' infantile era considerata meno della mortalita' degli animali che erano il principale sostentamento alimentare ed economico.
    Ci attardiamo per i vicoli ed il sole cala alle spalle della cattedrale che spicca in cima al paese.
    La tosse non mi ha abbandonato nonostante i tentativi di sedarla a colpi di aspirina e caramelle balsamiche ed ora sento salire anche qualche linea di febbre.
    Decido di fare sosta in farmacia e di farmi dare un antibiotico. Ho intenzione di concludere questo viaggio in qualsiasi modo mi sia possibile.
    Faccio sosta anche in frutteria dove mi procuro della frutta fresca con cui ho intenzione di cenare questa sera ma al ritorno il albergo trovo il resto della compagnia intenzionato a sfogare le mandibole in qualche trattoria locale e per non rimanere solo in albergo mi unisco a loro anche se il mio stato di salute non e' dei migliori.
    A pochi metri dall'albergo ci hanno consigliato un locale, Daniele va in avanscoperta in quello che a giudicare dalle pecette attaccate sui vetri esterni sembra uno di quei posti in cui si mangia veramente bene ma poi bisogna essere consapevoli che il conto non sara' tenero.
    L'opera persuasiva di Daniele ha fatto in modo che il ristoratore ci offriise una cena a menu' fisso ad un costo accettabile.
    La scelta del locale si rivela ottima gia' dalla scelta dei vini e dalle prime portate a base di stuzzichini preparati con prodotti tradizionali locali amalgamati in modo molto fantasioso e gustoso. A questi fanno seguito dei primi a base di trofie alle erbe locali ed altri condimenti naturali di cui non ricordo la natura ma tutti ungualmente gustosi.
    L'effetto del vino e dell'antibiotico e' micidiale ed ingaggio un dibattito con Daniele proponendo la mia visione della globalizzazione e della crisi economica. Mi infervoro e probabilmente innalzo anche il tono di voce, tanto che poco dopo mi sento osservato non solo dai miei compagni di tavola. Rientro nei toni piu' consoni alla serata, ma lo sfogo mi ha fatto bene sia all'umore che allo stato di salute. Rientriamo in camera a tarda sera e crollo sul mio letto in men che non si dica.

    Edited by Triperott Von Oil - 15/5/2012, 14:22
     
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  3. fenke
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    Grazie trip aspetto la terza........
     
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    CITAZIONE (fenke @ 14/5/2012, 13:44) 
    Grazie trip aspetto la terza........

    eccola :)!!

    Cicloviaggio sulla via dei borboni: terza puntata - la tappa infinita (Matera - Venosa)

    Il terzo giorno ci aspetta la tappa piu' impegnativa, piu' di 90 km e circa 900 metri di dislivello.
    La seconda dose di antibiotico comincia a fare effetto e mi sento meglio ma sono preoccupato per la tenuta psicofisica nel corso della
    giornata.
    Non vorrei avere un calo proprio oggi che non ci sono vie di fuga.
    Discendiamo a valle dalla collinetta su cui sorge Matera e l'arietta frizzantina della mattina mi spinge a coprirmi di piu' voglio evitare ritorni di fiamma.
    Giunti a valle notiamo un cartello che indica la direzione per una pista ciclabile e la traccia porta proprio in quella direzione. Percorriamo circa 500
    mt. in quella direzione ed ai nostri occhi appare un miraggio.
    La strada è stata divisa in due carreggiate, una procede a senso unico verso la città dei sassi e l'altra è una ciclabile a doppio senso di marcia.
    Tra le due carreggiate è stato alzato un cordolo in materiale sintetico che protegge la carreggiata ciclabile da possibili intrusioni provenienti da quella
    automobilistica.IMG_8119
    A dire il vero il materiale divisorio è un po' leggerino ed infatti lungo il tracciato si notano tracce di sfondamenti accaduti probabilmente durante le ore
    notturne quando il cordolo è meno visibile.
    Il traffico stradale è comunque nella media del posto cioè inesistente e ciò è un bene perché l'illusione di essere in una "dependance" di un paese civile
    europeo finisce presto allorchè dopo qualche chilometro in sicurezza appare il cartello di fine pista.
    Ci immettiamo su una strada che attraversa per chilometri campi coltivati.
    Disseminati ovunque ci sono tracce di casali abbandonati, alcuni anche di notevoli dimensioni.
    Luoghi in cui un tempo prosperavano generazioni intere ora probabilmente rinchiuse in appartamenti signorili di qualche cittadina della provincia se non più
    probabilmente emigrati all'estero.
    La campagna da ancora da mangiare, ma il lavoro per produrlo è duro e poco attraente per le nuove generazioni che preferiscono andare a popolare gli
    atenei e le liste di collocamento di qualche città dal nome altisonante.
    Chissà che con questa crisi non si assista ad una inversione di rotta e che presto queste campagne non si possano ripopolare come un tempo, quando la
    vita era fatta di cose più semplici ma più genuine ed anche i valori fondamentali (famiglia, lavoro, rispetto della dignità umana)erano più forti.
    La strada interpoderale finisce su una statale e per un breve tratto ci dobbiamo allineare in fila indiana per dirigerci verso Gravina di puglia.
    Per fortuna comunque anche sulla statale in traffico è contenuto ma abituati all'assenza totale, anche questa minima presenza ci infastidsce ed intimorisce
    leggermente (ne passano poche ma veloci).
    Poco prima di Altamura svoltiamo a sinistra imboccando una via piu stretta e meno percorsa che scopriamo essere l'Appia, in questo tratto declassata a
    provinciale.
    La percorriamo per circa venti chilometri in scioltezza, le pendenze oggi sono ben diluite sul lungo percorso che ci attende e le velocità di crociera ne beneficiano.
    Mi sorprendo della performance personale mi ritrovo spesso in testa al gruppo ed a tratti gli do anche un notevole distacco.
    Le gambe girano da sole, è ormai il terzo giorno ed il fisico si è abituato alla fatica.
    Alcuni malignano che al posto dell'antibiotico abbia ingerito un qualche sostanza dopante e da questo momento in poi la domanda "vuoi prendere un po' di antibiotico?" diventa il tormentone del viaggio.
    All'ingresso della città ci accolgono un a serie di cartelli che la indicano come "citta' museo", "citta' rupestre", "patrimonio culturale", (oltre che una pacchiana scultura raffigurante un gallinaccio multicolore) e la cosa ci incuriosisce. IMG_8121
    Decidiamo di visitate la cittadina nonostante la traccia ci indichi di proseguire bypassandola.
    Ci dirigiamo verso quello che sembra la piazza centrale all ricerca di indicazioni per visitane la parte storica e "rupestre", ma non troviamo indicazioni precise.
    Data l'ora, approfittiamo della bancarelle di frutta presenti sulla piazza, ci rinfreschiamo ad una fontanella e facciamo scorte alimentari presso prufumatissimi laboratori di panificazione. IMG_8124
    Durante la nostra sosta un ragazzo in mountain bike che ha tutto l'aspetto di essere un biker serio e non un ciclista occasionale ci osserva e si avvicina per
    capire chi siamo e cosa ci facciamo con quelle bici da montagna caricate come muli.
    Ci presentiamo e raccontiamo la nostra impresa suscitando l'entusiasmo di questo ragazzo, il quale a sua volta si presenta e ci mette a conoscenza del
    fatto che, insieme ad un gruppo di amici del posto, hanno dato vita alla sezione locale di mountain bike affiliata alla FIAB (Federazione Italiana Amici della
    Bicicletta) denominata AMICINBICI asd.
    Salvatore (così si chiama) si offre di accompagnarci in rapido tour per i vicoli della cittadina e noi acconsentiamo volentieri alla piacevole deviazione. IMG_8131 Ci fa conoscere anche i suoi amici che si stanno occupando di valorizzare il patrimonio culturale presente nel sottosuolo (Gravina sotteranea).
    Ci piacerebbe soffermarci di più presso di loro e di apprezzare le loro scoperte al di sotto della cittadina pugliese, ma il tempo trascorso in questo luogo ci ha portato fuori tabella di marcia, ci attendono ancora circa 70 chilometri per arrivare alla meta di oggi: Venosa.
    Anche qui ci scambiamo i riferimenti su Facebook con la promessa di citarli nel nostro resoconto e diffondere tra le nostre conscenze l'informazione delle scoperte di
    questi giovani ragazzi e dell'entusiasmo con cui stanno portando avanti il loro progetto.
    Se passate per Gravina andateli a trovare, lo meritano veramente (www.gravinasotterranea.it) per l'mpegno e la passione con cui portano avanti il loro sogno.
    Prima di salutarci Salvatore ci accompagna alla parte piu' antica del paese. IMG_8142
    Attaversiamo "la gravina" che ci separa dal riprendere il nostro tracciato, passando sopra l'antico acquedotto romano che portava l'acqua alle cisterne dell'a citta' .
    Attraversiamo la zona archeologica, che anch'essa meriterebbe una visita piu' approfondita, e riprendiamo il nostro cammino in direzione "diga del basentello" dove ho intenzione di effettuare la sosta pranzo. IMG_8148
    La strada corre per un tratto accanto alla ferrovia che fino a qualche mese fa collegava Gravina con i comuni del Vulture ora sostituita da trasporto su gomma.
    Trovo assurdo che vengano dismesse certe linee ferroviarie che potrebbero essere utilizzate almeno nei mesi estivi come attrattiva turistica creando una rete tra questi comuni e la loro offerta culturale.
    L'idea non è campata in aria, in toscana lo hanno realizzato e funziona egregiamente (www.ferrovieturistiche.it/).
    L'ottusità di una certa classe politica locale però che punta solo ad ottenere finanziamenti per lo sfruttamento dell'eolico (di cui la zona è disseminata) o dei campi fotovoltaici, non ha interesse a certe altre tipologie di discorsi.
    Politica che però è sempre pronta ad assumersi i meriti quando le inizietive, grazie alla buona volontà ed alla perseveranza dei singoli raggiungono risultati apprezzabili come vedremo in seguito per i musei di Aquilonia (il mio paese acquisito).
    La strada si fa leggermente in salita e percorre un lungo tratto privo di vegetazione arborea, qualcuno si lamenta per il calore che a quest'ora ha raggiunto valori considerevoli.
    IMG_8152
    Purtroppo l'assenza di fontanili o almeno di radure per la sosta non ci permette di fermarci, dobbiamo scollinare con la speranza che al di la
    del valico la meta sia vicina.
    Arrivati in cima una leggera brezza proveniente dalla valle sottostante allevia la stanchezza ed in lontananza (non troppo lontana) si intravede la sagoma azzurra del lago di "serra di corvo".
    La strada per raggiungerlo e' una serpeggiante lingua di asfalto in discesa e ci tuffiamo a briglia sciolta sul crinale sfruttando l'effetto frenante del vento contrario (una sensazione da godimento assoluto). IMG_8154
    Passare su uno sbarramento artificiale è un'esperienza che mi ha sempre impressionato, da un lato le acque profonde dell'invaso si increspano delicatamente al vento e dall'altro il baratro sulla valle sottostante (in questo caso non troppo profonda).
    IMG_8160
    Al di la della diga, adagiata sulle sponde del lago, ci attende la radura osservata su "google earth" e scelta come luogo di sosta durante la pianificazione del viaggio.
    Ci sdraiamo come possiamo e consumando gli alimenti acquistati a Gravina (nel mio caso la frutta presa a Matera) al fresco di una macchia di abeti nani e subito dopo ci lasciamo andare ad un leggero sonno confortato dai rumori della natura e dal fresco arboreo.

    Un gregge di pecore in lontananza sciama verso l'acqua del lago accompagnato da un quartetto di cani pastore che, accortisi della nostra presenza, iniziano ad abbaiare disturbando il breve riposo postprandiale.
    Diamo vita dunque ad un consulto sulla tattica da adottare per tornare indietro sul sentiero e riprendere il cammino.
    Chi suggerisce di passare in massa, chi di sfruttare l'effetto sorpresa del fischietto che Daniele ha con se (utilizzato per richiamare l'attenzione dei partecipanti alle ripartenze) ma secondo me non servira' nulla di tutto questo. Almeno spero.
    Come dice bene il proverbio "can che abbaia non morde" e quindi nel momento in cui la nostra sosta temina e ci rimettiamo in viaggio il quartetto si scosta con la coda tra le gambe per farci strada.
    La strada costeggia il lago in tutta la sua lunghezza ed al termine del bacino si impenna su una salita come sempre sotto il sole.
    Riprendere il viaggio dopo una sosta così piacevole e' sempre un trauma, sotto il sole lo e' di piu'.
    IMG_8163
    Arrancando con il "rampichini" (le marce piu' leggere da salita) dopo circa una mezz'ora arriviamo in cima e ad attenderci c'e' un provvidenziale fontanile dalla portata generosa e fresca.
    Verrebbe voglia di tuffarsi nelle sue vasche di abbeveraggio per quanto e' limpida l'acqua in esse contenuta ma ci limitiamo a riempire gli stomaci, le borracce ed a darci una generosa rinfrescata.
    La strada e' ancora lunga e tra questo punto ed il prossimo insediamento umano mancano ancora una ventina di chilometri.
    E' impressionante osservare queste distese di terreni coltivati che si estendono a perdita d'occhio senza l'apparente presenza umana, una visione a cui noi romani non siamo piu' abituati per via dell'intensa cementificazione a cui e' stato sottoposto il nostro interland.
    IMG_8166
    Come dice il mio amico Marco (Pie): "Nel momento in cui dovremo tornare a produrci il cibo da soli, mangeremo il cemento perchè non avremo più spazi da coltivare". La stanchezza comincia a farsi sentire ma non abbiamo scelta, dobbiamo raggiungere Venosa e l'albergo prenotato in precedenza.
    Nei pressi di Palazzo san Gervasio ci fermiamo al cospetto di un fontanile monumentale dalle cui numerose cannelle sgorga un acqua, a detta dei locali,
    miracolosa.
    IMG_8176
    Tanto che vi troviamo diverse persone intente a riempire scorte d'acqua per uso domestico.
    Uno di questi e' un signore di mezza eta' che si sofferma a scambiare due chiacchiere con noi e che ci conforta dicendoci che ormai la nostra meta e' vicina, al massimo una ventina di minuti.
    Putroppo pero' la gente comune ragiona in termini automobilistici e noi sappiamo bene che ci vorrà ancora circa un'ora e mezza per arrivare a destinazione.
    IMG_8179
    Ci rimettiamo in cammino ma nelle retrovie c'e' chi inizia a soffrire la lunghezza della tappa, mentre davanti c'e' chi continua a schizzare come un grillo, Fabietto il nostro
    dodicenne che per tutto il viaggio sara' il nostro apripista. Beata gioventu'!
    Il sole volge al tramonto quando vediamo delinearsi la sagoma della nostra destinazione in lontananza ed ognuno da fondo alle proprie energie residue per raggiungerla nel piu' breve tempo possibile.
    Entriamo in paese tra il consueto struscio serale, enfatizzato dal fatto che oggi è venerdì sera. Un gran numero di giovani affolla il locali che si affacciano sul fossato del castello intenti a consumare l'aperitivo.
    Come al solito destiamo curiosita' nella popolazione locale ma siamo troppo stanchi per fermarci a fare conversazione.
    L'albergo che ci attende e' un bel palazzetto d'epoca appartenuto all'ordine di Malta restaurato di recente in stile originale, con tanto di affreschi sulle volte degli alti soffitti.
    A gestirlo troviamo una simpatica signora partenopea che sembra uscita da una commedia di Eduardo de Filippo e la sua figlia. Anche l'arredamento in stile rococo' ricorda il mobilio di scena visto in tante commedie napoletane.
    Prendiamo posto presso le nostre stanze a dire il vero un po' risicate, ma la doccia e comoda e rigenerante.
    Ci stendiamo un po sul letto a rilassare i nostri arti oggi veramente provati dal percorso, il ristorante e' proprio sotto l'albergo e fortunatamente possiamo sfruttare una mezzoretta per un meritato riposo.
    A tavola regna un silenzio irreale di cui esiste una registrazione digitale a futura testimonianza della stanchezza di tutto il gruppo in quella serata.
    La buona cucina del luogo comunque ci dona una riserva di energia che ci permette di fare un breve giro per andare ad osservare la movida del luogo e la bellezza
    del castello sovrastato da una luminosissima luna.
    Le energie aggiuntive pero' terminano presto e decidiamo di rincasare per abbandonarci ad un sonno piu' sostanzioso.
    Domani ci aspettano 1500 metri di dislivello.


    .....continua

    P.S. stasera provo a rimpaginarlo e ad aggiugere qualche foto.

    Edited by Triperott Von Oil - 20/5/2012, 19:56
     
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    Cicloviaggio sulla via dei borboni: quarta puntata - doccia emozionale (Venosa - Aquilonia).

    Non sono bravo a descrivere a parole le sensazioni, quindi cercherò di fare la cronaca di questa giornata che personalmente è stata la più toccante dal punto di vista sentimentale, quella per cui ho deciso di intraprendere questa avventura e intorno a cui ho costruito tutto il viaggio.
    La sveglia è come sempre alle otto, la colazione viene servita in una sala apparecchiata appositamente per noi nell'ala affrescata del palazzo. L'ambiente è spettacolare, sembra di essere in un museo, tutto è in stile originale (ovviamente restaurato o ricostruito), la alta volta è decorata con affreschi raffiguranti scene di caccia.
    Su una parete un grande camino che in passato serviva a riscaldare l'ambiente, una alta vetrina che contiene vasi di varie dimensioni è incastonata in una parete. Ci sembra di essere in una sala di palazzo Borghese.
    La propriteria ci invita ad assaggiare le prelibatezze preparate con le sue mani: marmellate e biscotti.
    Ma sul buffet sono presenti anche cornetti caldi, appena sfornati, vaschette di nutella, marmellate commerciali, yogurt e quant'altro e ci tuffiamo nell'abbondante pasto mattutino.
    Ci aspettano relativamente pochi chilometri oggi ma il dislivello è considerevole, fortunatamente alterneremo ripide salite a lunghe discese ma sarà comunque una tappa impegnativa.
    Prima di lasciare Venosa facciamo un giro turistico della cittadina che vanta origini molto antiche, e la struttura del centro storico conserva intatta questa sua caratteristica.
    Le case in pietra a vista sono tutte ben restaurate e conservano il loro fascino.
    Lungo la via principale incontriamo la cattredrale di sant'Andrea il cui campanile ricorda la struttura di quello gia' osservato a Gravina.
    Poco fuori il centro abitato, sull'Appia, in un punto strategico per il controllo dei traffici tra Est ed Ovest, incontriamo il complesso della santissima Trinità, il monumento piu' importante della città.
    Abbiamo la fortuna che e' in corso una visita da parte di un gruppo turistico e ci intrufoliamo all'interno per osservare una delle chiese medioevali piu belle che abbia mai visto.
    Accanto ad essa la chiesa nuova, la cui costruzione iniziata nel tardo medioevo, non fu mai portata a termine e per questo viene chiamata "incompiuta".
    La visita al complesso dell'incompiuta però si effettua attaverso il parco archeologico adiacente e per problemi di tempistiche di viaggio soprassediamo limitandoci ad osservarla dall'esterno.
    Si è fatto un po tardi e decidiamo di iniziare la nostra tappa.
    Siamo nei territori in cui è ambientata la storia del brigantaggio del periodo risorgimentale, ed i nomi delle località che andremo ad attraversare narrano delle imprese di questi personaggi controversi un po' banditi ed un po' eroi che la storia moderna sta in un certo modo riabilitando.
    La prosima tappa è la altura de "la ginestra". Per raggiungerla seguiamo la via Appia in direzione contrada bosco monte.
    Giunti sulla cresta del monte, sovrastata da una serie di imponenti pale eoliche, la strada ridiscende in una valletta per poi risalire rapidamente
    attraverso una serie di tornanti verso "la ginestra".
    Decidiamo di deviare per quello che sembra l'antico tracciato della strada prima dei lavori di rifacimento, ormai ridotta una mulattiera.
    Se la scelta è positiva per evitare il traffico veicolare si presenta sconveniente dal punto di vista della percorribilità. La strada è in discesa ma è molto dissestata e presenta anche grosse chiazze di fango da attraversare in maniera acrobatica con le bici a spinta.
    Maurizio rompe anche la catena al momento di riattaccare la ripida salita. Io e Roberto(CUBE), ci fermiamo per riparare l'iconveniente meccanico e la sosta rosicchia ulteriore tempo alla nostra tappa.
    La salita che abbiamo davanti è in forte pendenza ed alla ripartenza ho paura di fare la fine del mio compagno di viaggi, ma innestato il rampichino, iniziamo a scalare questo muro che ci separa dal resto del gruppo ormai arrivato in cima.
    Li troviamo intenti a godersi il bellissimo sole che la giornata offre, le ragazze in una sorta di bikini improvvisato mentre Daniele e Roberto (MTB) sono alle prese con il deragliatore della bici di quest'ultimo che sembra essere parecchio deformato.
    L'esperienza meccanica di Daniele è stata fondamentale in tutto il viaggio, infatti grazie ad essa, la bici di Roberto viene rimessa in grado di proseguire il tragitto e ci incamminiamo verso il tratto piu' arduo della giornata. Siamo al cospetto del monte Vulture, ma tra dove siamo ora e le sue pendici c'e di nuovo un forte avvallamento. Ci lanciamo per la discesa a forte velocità e percorriamo i circa 4 chilometri che ci separano dalla risalita in pochi minuti.
    La traccia indica di proseguire per una strada che però è sbarrata dal cancello di una azienda agricola.
    Non possiamo fare altro che proseguire la salita sulla viabilità ordinaria della strada che conduce a Barile.
    La salita è dura e ci fermiamo poco prima del centro abitato per riprendere fiato. La cima dell'antico vulcano si erge davanti a noi ma è ancora lontana.
    Ci fermiamo presso un market per fare provviste per il pranzo e riprendiamo la salita che attraversando la cittadina di Rionero ci condurrà ai laghi di Monticchio.
    Sono altri 15 chilometri di salita incessante e siamo come al solito sotto il sole dell'ora di pranzo. L'orario e' comunque vantaggioso dal punto di vista del traffico che si riduce in maniera drastica passando come al solito da poco ad inesistente.
    Mentre sto salendo ricevo la chiamata del mio amico di infanzia Michele che voule accertarsi del nostro incontro serale presso la pizzeria della nostra amica comune Nicoletta. Gli confermo l'appuntamento con una voce un po ansimante (il che non deve averlo rassicurato molto sulla riuscita del nostro incontro) che ci sarò e lui si premura di consigiarmi di non affaticarmi troppo.
    La salita si addentra finalmente della parte boscosa della cima del monte ed il fresco della vegetazione allevia la fatica.
    Non ero mai salito da questo versante del monte e non immaginavo che fosse così impegnativo.
    In lontananza vedo il cartello di valico e mi fermo a fotografarlo per poi inviare la testimonianza del nostro prossimo arrivo su Facebook da dove un'altro mio amico di infanzia sta seguendo il nostro cammino di avvicinamento al paese.
    Pochi chilometri dopo il valico si apre davanti alla nostra vista la visione dall'alto dei due laghi di Monticchio (in realtà la veduta si affaccia sul lago piccolo ed una piccola porzione del grande) sovrastata dalla bianca e austera sagoma dell'abbazia di San Michele, di cui si narrano antiche storie di demoni ed esorcismi (nemmeno molto antiche).
    La strada scende verso i bacini attraverso stretti tornanti nel bosco e la temperatura scende repentinamente mentre l'odore di resina dei pini mi inebria.
    E' un profumo familiare come quelli che da ora in poi mi assaliranno riportandomi ai tempi in cui ero piccolo, quando venivamo a passare le domeniche agostane sulle sponde di questi laghi con i miei genitori ed i miei nonni materni.
    Ci fermiamo a consumare le nostre provviste su alcune panchine in riva al lago piccolo. La mia mente vola a quei momenti dell'infanzia ed osservo ogni particolare del luogo che sembra non essere cambiato per nulla, se non per la musica martellante che arriva dal vicino noleggio barche. Mi lascio cullare da queste sensazioni e mi rendo conto di essere diventato serio e silenzioso.
    Ci concediamo una lunga pausa presso questo luogo e gli altri componenti del gruppo non fanno obiezione, un po' perchè il posto invita al relax ma anche perchè hanno capito dal mio stato d'animo quanto sia importante per me soffermarmi qui per il giusto tempo.
    A tempo debito invito il gruppo a riprendere il viaggio, ci aspetta una lunga e rapida discesa e l'ultima risalita della giornata che ci condurrà al paese dei miei nonni dove ci aspetta Donato per condurci attraverso le strade e gli edifici del paese vecchio distrutto dal terremoto del 1930 e che ora si stanno cercando di recuperare in una sorta di museo a cielo aperto.
    Lungo la strada che porta alla valle dell'Ofanto un tempo c'erano molte fonti di acqua minerale a cui venivamo ad attingere con pesanti taniche l'acqua per il consumo settimanale. Percorro la strada cercando le tracce di queste sorgenti ma quello che vedo è solo abbandono. L'antico stabilimento delle acque minerali è chiuso da tempo e non vi è più traccia delle cannelle aperte al pubblico.
    Giunti al fiume mi soffermo a guardare le acque e mi tornano in mente le storie che mio nonno mi raccontava quando venivamo a passeggiare sulle sue sponde.
    Attraversiamo il ponte sulla ferrovia ormai in disuso ma che un tempo portava da Avellino a Rocchetta facendo sosta presso la stazione di Aquilonia da dove un pullman conduceva i passeggeri al paese sovrastante (un'altro treno che si dovrebbe recuperare).
    Agli occhi di un bambinio il viaggio da Roma al paese era qualcosa di paragonabile ad un avventura di Jules Verne.
    La salita dalla vecchia stazione me la ricordo come una lunga serie di tornanti in discreta pendenza ed i ricordi non mentono.
    Saliamo lentamente lungo la lingua di asfalto consumato attorniati da una vegetazione profumata di legno di quercia e piante officinali.
    Profumi che si risvegliano in me e che identificano quel posto come CASA.
    Una casa negata per via di eventi che non sto a spiegarvi ma a cui mi piacerebbe riavvicinarmi dopo tutti questi anni di assenza.
    Al culmine della salita la fonte detta di Monticchio ci offre ristoro con le sue fresche acque a cui ci abbeveriamo improvvisando anche un piacevole pediluvio.
    Manca poco alla meta e l'impazienza di arrivare spinge la mia andatura, la masseria Di Feo preannuncia l'arrivo e dopo l'ultima curva si scorge il "campo sportivo" davanti al "campo santo". Quante volte son venuto in questo luogo, ma non per passione sportiva ovviamente, qui si veniva per "rimorchiare" le ragazzette
    che venivano ad assistere agli eventi calcistici locali.
    Sono arrivato con largo anticipo e mi fermo ad aspettare il resto del gruppo, anche perché da qui dobbiamo fare una deviazione che ci porterà alle rovine del paese vecchio.
    Donato ci attende davanti alle rovine dell'antica chiesa del paese per condourci nella storia di questo luogo abbandonato per decenni e che la passione e la dedizione alla ricerca delle proprie radici di alcuni appassionati sta riuscendo a recuperare.
    Donato e' il direttore dei musei di Aquilonia ed uno dei principali artefici della rinascita di questo luogo che ogni anno annovera numerose visite da parte di soclaresche e gruppi turistici persino dall'estero. Una rinascita, a suo dire, per nulla favoreggiata dalla politica locale. Come tante realtà di questa terra lasciata a se stessa.
    Ci racconta con passione il lavoro svolto per recuperare questo luogo che fino ad una quindicina di anni fa veniva utilizzato come discarica di calcinacci (tanto erano cocci su cocci). E narra ai miei amici aneddoti e storie antiche che per me fanno parte dei ricordi tramandati dai nonni. E' un'altro tuffo al cuore.
    La sensazione piacevole in cui sono rapito si interrompe bruscamente quando ci viene comunicata telefonicamente la disgrazia accaduta ad un nostro amico nel corso dell'altra gita ciclistica in programma nello stesso periodo.
    Siamo tutti scossi e preoccupati per la sorte del nostro amico e da questo momento il viaggio non sarà più lo stesso.
    Dopo la visita alle rovine, Donato ci accompagna in una rapida visita al museo Etnografico, anch'esso fortemente voluto dalla mente illuminata di alcuni appassionati e realizzato con il contributo di tutta la popolazione "carunarese".
    Gia' perche' gli abitanti di questo paese conservano il nome dell'antico insediamento prima che i moti sanguinari di rivolta ai nobili locali, nel 1860, non indussero il Re a cancellare il nome di "Carbonara" dalle cartine geografiche del luogo ordinando di cambiare il nome del paese nell'attuale.
    E' ora di cena e mi aspetta un'altro incontro con amici che non vedo da tanti anni.
    Ringraziamo Donato e ci avviamo verso l'albergo. Qui una parte del gruppo che ha rinunciato alla visita al museo è già arrivato ed ha scoperto una sopresa poco piacevole. Presso la struttura è in farse di allestimento la sala per i festeggiamenti di un diciottesimo compleanno e la serata si preannuncia movimentata.
    Mi cambio velocemente ed anticipo i miei compagni di viaggio presso il locale della mia amica Nicoletta dove mi attende anche Michele il mio migiore amico di adolescenza
    presso quel luogo. Il saluto con entrambi è caloroso, non ci vediamo da una vita e Nicoletta non credeva nemmeno che fosse vero che sarei arrivato li in bicicletta.
    Si riaffacciano i ricordi dei momenti spensierati che abbiamo vissuto nelle estati di tanti anni fa e le emozioni di questo momento sono fortissime.
    La pizzeria di Nicoletta è a due passi dalla casa che era dei miei nonni e chiedo a Michele di accompagnarmi a dare un'occhiata a come è diventata dopo la svendita ad opera di una alcuni miei parenti. Con grande sorpresa scopro che è rimasta tale e quale, in una sorta di stato di abbandono che ha congelato il suo aspetto al giorno in cui i miei nonni chiusero quell'uscio per l'ultima volta. Riesco a fatica a trattenere le lacrime che cercano di uscire (anche ora che sto scrivendo) e preferisco tornare al locale senza voltarmi ulteriormente verso quella visione.
    La serata prosegue tra racconti di aneddoti e racconti di viaggio mentre consumiamo le ottime pizze preparate dalla padrona di casa.
    E' il compleanno di Paola (CUBE woman) e su richiesta i Roberto (CUBE dad) ho fatto ordinare a Nicoletta un torta per festeggiarlo degnamente.
    La padrona di casa mi chiama per sapere quante candeline deve mettere ed io ammetto la mia ignoranza (d'altronde l'età di una donna non si chiede mai).
    Decidiamo di metterne simbolicamente una sola ma Nicoletta mi dice che è riuscita a trovarle solo azzurre.
    Poco male la sorpresa per la festeggiata e' comunque gradita.
    Si è fatto tardi ed il locale deve chiudere, anche perché Nico domani alle sette sarà di nuovo qui per le pulizie.
    Ci diamo appuntamento alla mattina seguente per la seconda colazione ed usciamo.
    Prima di rincasare facciamo un breve giro per le vie che un tempo erano il mio campo di gioco.
    Non vorrei più andare via da questo luogo ma arriva il momento di andare a dormire ed a malincuore mi dirigo all'albergo insieme agli altri.
    La festa impazza nelle sale dell'albergo, la notte si preannuncia insonne e mi predispongo ad affrontarla.
    Daniele piomba nel suo consueto sonno immediato, io continuo ad ascoltare le danze sottostanti fino a che il sonno non rapisce finalmente anche me.


    ....continua

    Edited by Triperott Von Oil - 15/5/2012, 14:33
     
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    Cicloviaggio sulla via dei borboni: quinta puntata - alle terme (Aquilonia - Bagni di Contursi)

    Le ore di sonno sono state veramente poche questa notte, ma mi sveglio ugualmente presto.
    Voglio andare a salutare un po di persone a cui tengo particolarmente prima di ripartire.
    Persone che insieme hai miei nonni mi hanno cresciuto e che chiamo zii anche se non so bene
    quale grado di parentela ci unisca, ma che mi sono sempre state molto piu' vicine di tanti altri parenti piu' stretti.
    Mi preparo e scendo in strada prima degli altri. Lungo la strada riconosco l'Apetta (Piaggio) color crema di zio Vito
    (il papa' di Donato) parcheggiata davanti al portone della sua casa da una vita.
    Accanto ad essa, rivolto in mia direzione c'e' proprio lui che mi ha riconosciuto in lontananza nonostante il mio aspetto non sia
    piu' quello di un tempo. Subito dopo mi dirigo verso casa di zia Carmelina, la mamma del mio migliore amico d'infanzia
    che purtroppo ci ha lasciato troppo presto: Domenico(Mino).
    Spostare la tenda ed entrare in quell'abitazione a quest'ora era un'azione familiare tanti anni fa quando andavo a svegliare
    il mio amico, impaziente di ricominciare un'altra giornata di giochi.
    Poi e' la volta di zia Nicolina che mi racconta dei miei amici Raffaele e Gerardina, ormai andati a vivere lontani dal paese.
    L'illusione di essere tornato indietro nel tempo e fortissima e mi aspetto da un momento all'altro che mia nonna si affacci
    dall'uscio della vecchia casa per chiamarmi a fare colazione.
    Purtroppo però il tempo è passato ed anche tutti gli errori che con esso sono stati compiuti, la colazione mi aspetta in albergo
    e mi congedo a malincuore da queste figure familiari.
    Passo a prendere un ultimo caffe' da Nicoletta che nel frattempo ha riaperto il locale ed ho l'occasione di salutare
    altre persone care prima di riprendere il mio viaggio.
    Non possiamo lasciare il paese senza aver visitato l'abbazia di San Vito (patrono del paese), e la sua imponente quercia secolare,
    nonostante questo aggiunga ulteriore dislivello alla tappa odierna.
    La discesa all'abbazia e' veloce ma la risalita di prima mattina viene ripercorsa con un po di affanno.
    Ho comunque l'occasione di dare uno sguardo su "la serra" dove un tempo vi erano i terreni appartenuti ai miei nonni e dove ora
    l'espansione ubanistica del paese sta pian piano mettendo radici.
    Ci allontaniamo dal paese percorrendo la strada che conduce al monte Mattino in direzione Calitri.
    Ho sempre visto questa strada in lontananza dal balcone della vecchia casa immaginando di raggiungere il piccolo bosco che e'
    situato in cima a questa montagna a piedi o in bicicletta quindi oggi realizzo anche questo desiderio.
    La salita di prima mattina è dura e con le borse sul portapacchi nemmeno il rampichino riesce a tirare su la bici ma dalla cima si gode di una visione insolita
    del paese al quale dedico una ripresa prima di svalicare e vederlo scomparire dietro il monte.
    L'altipiano del monte Mattina offre una visione magnifica pochi alberi sparsi nel verde intenso dei campi di fieno ed i contorni dei monti circostanti
    che contrastano con il grigio-azzurro del cielo di una giornata un po velata.
    La strada inizia a ridiscendere verso la valle dell'Ofanto prima dolcemente ma subito dopo ci troviamo davanti ad una ripida discesa sulla quale
    scendo dalla bici per timore di consumare definitivamente le pasticche dei freni a disco gia' provate dalle discese dei giorni precedenti.
    Come al solito alla ripida discesa segue una ripida salita che affrontiamo tutti in sella ormai rodati dai chilometri gia percorsi.
    Sulla cima di questo "muro" ci aspetta Calitri, citta' duramente ferita dal terremoto del 1980 che risente ancora pesantemente
    dei danni provocati dal sisma.
    Le abitazioni medioevali sulla parte sud del paese appaiono ancora sventrate dal crollo di parte della rocca
    a testimonianza della tragedia vissuta dagli abitanti di questo luogo.
    A nord del paese i crolli hanno addirittura riportato alla luce gli antichi bastioni del paese, un tempo andati perduti sotto le nuove abitazioni,
    ora restaurati e fruibili dalla popolazione.
    E' il segno della rinascita di questo comune a distanza di tanti anni da quel drammatico evento di cui ho un ricordo
    indiretto per averlo vissuto a distanza nelle concitate telefonate dei miei nonni ai parenti sparsi nel territorio irpino.
    La strada principale ci porta serpeggiando verso valle a Calitri scalo (dela stessa ferrovia dismessa che serviva anche Aquilonia).
    Durante la discesa riceviamo notizie sullo stato del nostro amico vittima dell'infortunio del giorno precedente e purtroppo non sono rassicuranti.
    In silenzio affrontiamo la lunga risalita verso la "sella di Conza" che ci portera' a svalicare verso la valle del fiume Sele.
    La velatura del cielo crea una sorta di effetto serra e la temperatura nella prima parte della salita non agevola l'impresa.
    Ogniuno sale al proprio ritmo disseminando la lunga salita di biciclette isolate.
    Per foruna anche qui il traffico e' inesistente forse anche compice il fatto che oggi e Domenica e che e' ora di pranzo.
    La sosta e' prevista a Sant'Andrea di Conza dove arriviamo alla spicciolata nel primo pomeriggio.
    Il paese sembra deserto, non vediamo nessun posto dove acquistare qualche cibaria e non c'e' nemmeno un bar aperto.
    Da qui inizia un lungo tratto nelle campagne e prevediamo di arrivare al prossimo centro abitato nel pomeriggio avanzato.
    Dobbiamo assolutamente cercare una soluzione ma nel paese sembra non esserci anima viva.
    Ricevo una chiamata da Roberto(CUBE) che mi indica di proseguire oltre il paese dove, insieme con il gruppetto di testa, ci aspettano presso una trattoria
    che e' fortunatamente aperta e che si e' offerta di sfamare il gruppo di ciclisti affamati.
    Il menu' del posto e' molto familiare e ci vengono offerte pietanze dal nome familiare
    a cui pero' non tutti sanno associare un'aspetto e quindi, a grande richiesta, ci indirizziamo verso delle rassicuranti trofie rucola e pomodoro
    (mi sembra), seguite da dei superlativi ravioli burro e salvia e delle portate di verdure ripassate in padella.
    Ricevo una chiamata da casa, e' mia figlia che vuole sapere se almeno per il primo Maggio saro' con loro per la tradizionale scampagnata fuori porta.
    La tabella di marcia prevede che quel giorno si debba raggiungere l'ultima tappa, Salerno, e riprendere il treno per di ritorno in serata.
    Inizio a persare di anticipare il mio rientro direttamente da Paestum in modo da essere a Roma la sera del 30 aprile ed accontentare il desiderio della
    mia piccola principessa.
    Consumato il nostro lauto pasto ci rimettiamo in marcia lungo questo tratto deserto della via Appia fino al valico di Conza.
    Mano mano che ci avviciniamo alla cresta si intensifica un vento contrario che frena la nostra avanzata. Arrancando giungiamo al nostro bivio.
    Da questo punto, volgendo lo sguardo alle spalle, possiamo osservare la valle di Conza ed il suo bacino artificiale.
    In lontananza si staglia ancora la sagoma del monte Vulture oltre il quale eravamo solo un giorno prima.
    Davanti a noi la valle del fiume Sele, stretta tra i monti Picentini ed il massiccio del monte Eremita si stende in lontananza fino alle pendici dei monti Alburni ed al mar Tirreno.
    La cresta del monte, come molte di quelle osservate in questi giorni, e' sovrastata da un imponente parco eolico le cui pale tagliano il vento producendo
    l'unico rumore artificiale ascoltabile in questo luogo.
    Iniziamo la nostra discesa verso la valle del Sele lungo una strada secondaria che taglia il fianco del monte passando tra orti e vigneti.
    La presenza di un branco di cani da guardia ci mette un po' in apprensione ma ormai sappiamo come affrontarli e passiamo indenni attraverso lo sbarramento
    canino. Ci resta da superate un ultima ripida salita, che per foruna e' lunga solo poche centinaia di metri, prima superare l'ultimo valico che ci separa
    dalla valle del Sele.
    Davanti a noi i paesi di Caposele e Materdomini, quest'ultimo sovrastato dal campanile del santuario di S. Gerardo, santo fortemente venerato
    in tutta la zona irpina e limitrofe, pure lui uomo di chiesa come padre Pio.
    Anche questi luoghi mi sono familiari, infatti quando finalmente i miei genitori mi raggiungevano pel godere delle ferie estive,
    ci trasferivamo in blocco presso la meta di questa giornata, Bagni di Contursi, spesso portando con noi anche la mia nonna paterna.
    Ricordi di un periodo lontano in cui eravamo ancora una famiglia come quelle rappresentate in certi film ambientati a fine anni settanta(e d'altronde quello
    era il periodo).
    Il mio GPS ha esaurito la batteria, e non ho idea di quanto manchi all'arrivo. La sensazione e che non debba mancare molto, ormai costeggiamo il fiume in direzione Ovest,
    verso il mare.
    La sensazione pero' non e' confortata dalla realta', il sole inizia a calare dietro i Picentini e inizio a temere di non fare in tempo ad arrivare a Contursi
    prima che le terme chiudano.
    La strada serpeggia lungo il fianco del monte e non si vede la meta. Ci fermiamo a prendere acqua presso un fontanile nella piazza di Quaglietta
    ed un gruppo di anziani intenti a prendere l'ultimo raggio di sole sulle panchine adiacenti si informa sulla nostra provenienza.
    Si fermano ad approvvigionarsi d'acqua anche un paio di stradisti con cui scambiamo un breve resoconto di viaggio.
    Poco piu' in la un gruppetto di ragazzotti locali, che ha ascoltato lo scambio di informazioni, sta raggruppato intorno ad una minicar e fa commenti esterefatti
    sulla nostra impresa.
    Sono curioso di rivedere questo altro luogo della mia infanzia ed anticipo i miei compagni nella ripartenza.
    A questo punto mi aspetto da un momento a l'altro di vedere spuntare dall'angolo il vecchio ponte in pietra che da Oliveto Citra porta ai bagni di Contursi ma ad
    ogni curva rimango deluso.
    Nell'aria si inizia ad assaporare l'odore tipico delle acque sulfuree e finalmente la visione agognata prende forma.
    Il luogo negli anni ha subito numerose modificazioni e non ha piu' quella aspetto primi novecento di un tempo.
    Le vecchie terme sono state sostituite da un moderno complesso alberghiero dotato di percorsi termali e vasche a vari livelli.
    Nascosto e in stato di semi-abbandono il vecchio edificio delle inalazioni e dei fanghi che e' l'unico testimone della strtuttura di quel tempo.
    Il ricordo va a quelle vasche incrostate di zolfo che di riempivano attaverso rudimentali bocchette che venivano chiuse per mezzo di tappi a forma di bicchiere.
    I macchinari dell'aerosol con gli inalatori a forma di forchetta a cui piu' volte ho posato le mie narici. E all'acqua frizzantina ma al sapore di uova sode che mia madre
    mi faceva bere "Perchè faceva bene".
    Il mio amico d'infanzia Sergio mi aspetta sull'uscio di quello che ricordavo come una piccola pensione a conduzione familiare ma che girato l'angolo rivela le imponenti modifiche di cui
    di la struttura e' stata oggetto negli ultimi anni. E' lui che ha preso le redini dell'azienda di famiglia dopo la morte del papà.
    Siamo gli unici ospiti della struttura e ci viene concesso di scegliere le stanze che piu' ci aggradano.
    Ci cambiamo, e dopo un breve riposo ristoratore scendiamo al ristorante per consomare la cena.
    Prima però mi informo sugli orari dei treni da Paestum e telefono a casa per confermare il mio ritorno anticipato.
    Sergio mi comunica che la sua mamma mi vuole salutare ed io rimango sorpreso. A dire il vero pensavo che anche lei non ci fosse piu' e la notizia che invece e'
    in cucina ai fornelli mi da sollievo. Anche perche' mi ricordo che era una brava cuoca e le pietanze che seguono confermano questo mio ricordo lontano.
    Dopo cena mi intrattengo un po con lei a ricordare i tempi andati, e con un po di imbarazzo le racconto le vicende degli ultimi anni.
    Alla conversazione interviene anche la sorella (all'epoca assistente ai bagnanti) ed il fratello di Sergio, Gerardo, anche lui mio vecchio compagno di giochi.
    Anche qui e' una serata di altri tempi e l'impressione di aver varcato di nuovo un portale del tempo e concreta.
    La curiosita' di osservare i cambiamenti del posto mi spinge ad uscire, alcuni dei compagni di viaggio mi seguono in una passeggiata serale.
    Dapprima ci dirigiamo verso lo stabilimento termale Rosapepe, che ricordo essere dotato di un bel parco fiorito, ma rimango deluso da cio che si intravede nella penombra.
    Anche qui sono in corso ampliamenti della struttura e dell'antico parco non riesco avedere traccia (ma forse semplicemente perche' non era illuminato).
    Decido dunque di tornare indietro alle terme Capasso da cui provengono gli echi di una serata a base di karaoke.
    Ci fermiamo sulla terrazza che affaccia sulla piscina principale e veniamo invitati a partecipare alla serata dal personale della struttura.
    Ne approfittiamo per dare un'occhiata da vicino aquesto moderno stabilimento termale.
    Un bagnino che apparentemante dimostra la mia eta' ci accompagna e ci descrive i vari percorsi termale e le differenze di temperatura tra le vasche di acqua sulfurea.
    Non posso fare a meno di fare confronti con cio che ricordo di quel luogo, dimostrando di aver conosciuto il vecchio stabilimento termale,
    e capisco che anche lui ha una certa nostalgia del romanticismo che aveva la vecchia struttura.
    Siamo stanchi e non avendo intenzione di dimostrare le nostre doti canore e ce ne torniamo lentamente al nostro albergo.

    ....continua

    Edited by Triperott Von Oil - 16/5/2012, 17:27
     
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    Cicloviaggio sulla via dei borboni: sesta puntata - ai templi (Bagni di Contursi - Paestum)

    Oggi per me e' l'ultima tappa. Ho deciso di tornare a casa prima della conclusione ufficiale del viaggio per andare incontro al
    desiderio della mia famiglia di stare insieme almeno per l'ultima festivita' che ha composto questo lungo ponte.
    Mi congedo dai miei ospiti con la promessa di rivederci presto, magari a fine giugno per il prossimo ponte
    esclusivamente romano.
    Percorriamo la provinciale, per un breve tratto fiancheggiata da una specie di ciclabile, in direzione Eboli. Al bivio per Contursi (paese) la traccia prevede di salire ma, su mio consiglio, evitiamo la fatica e proseguiamo dritti ed in discesa verso il ponte sul fiume Sele.
    In effetti non credo di essere mai andato a vedere il paese che da il nome alle terme ma non credo di essermi mai perso nulla.
    Dal ponte si puo' ammirare la limpidezza delle acque di questo fiume ed in piu' in questo posto e' presente l'unica fontanella
    di acqua frizzante rimasta. Ci fermiamo ad assaggiare questa particolare acqua sulfurea frizzante.
    Superata la naturale repulsione per il sapore non proprio invitante, ci si accorge della particolare effervescenza naturale di questa acqua e c'e' chi ne approfitta per riempire la borraccia e tenersela per il viaggio.
    Dopo un primo tratto sulla viabilita' ordinaria (ma sempre priva di traffico automobilistico), deviamo per una strada secondaria che costeggia l'autostrada SA-RC.
    Proseguiamo per chilometri lungo questa strada di servizio che prosegue tra sali e scendi in corrispondenza dei tunnel autostradali.
    Dal punto di vista paesaggistico la tappa odierna non e' un granche'.
    In questo tratto si attraversano dei gradevoli tratti che affacciano sul letto del Sele, ma anche delle brutte vedute sui viadotti abbandonati del vecchio tracciato autostradale o sottopassi dei piloni di quello nuovo.
    La strada che stiammo percorrendo finisce sulla provinciale 38.
    In questo tratto il traffico e' piuttosto intenso per via della vicinanza con lo svincolo autostradale di Campagna.
    Percorriamo un breve tratto su questa arteria che poco dopo si immette sulla strada statale delle calabrie che ci troviamo a percorrere per circa un chilometro affiancati da un traffico piuttosto intenso.
    Per fortuna pero' la traccia prosegue per una strada secondaria che si addentra in un tratto di riserva naturale del fiume sele.
    Si prosegue alternando tratti nel verde in corrispondenza del fiume Calore a tratti che attraversano piccole frazioni a carattere agricolo ma i tratti degni di nota sono veramnte pochi.
    La zona mi ricorda alcuni tratti percorsi nella pianura pontina.
    Approfittiamo di un piccolo alimentari il una localita' chiamata Cerrelli per acquistare qualcosa per pranzo.
    Chiediamo informazioni al proprietario su un posto idoneo per fermarci a consumare le cibarie appena acquistate e questo ci indica con orgoglio la piazza appena ristrutturata di questo piccolo centro abitato.
    Ci dirigiamo fiduciosi nella direzione indicata ma la delusione e' grande quando scopriamo che il luogo che ci e' stato indicato non e' altro che un grosso piazzale in cemento e per di piu' sotto il sole.
    Siamo spiazzati ma anche affamati e c'e' chi come me inizia ad addentare qualcosa direttamente in sella alla bici approfittando dell'ombra di un triste alberello posto all'angolo di un incrocio stradale.
    A questo punto il gruppo si dissolve, chi in avanscoperta per trovare un posto migliore dove sostare, chi alla ricerca di un bar e di un bagno, chi va ad acquistare qualche altra cosa da mangiare e ci ritroviamo in due sotto il triste alberello.
    Decido di proseguire e raggiungere il gruppo andato in avanscoperta, ma fatti diversi chilometri mi rendo conto che forse li ho sorpassati non vedendoli.
    Una chiamata conferma il mio sospetto, ma la fame e' tale che mi fermo comunque nel parcheggio di una zona industriale a consumare il mio panino prima di tornare indietro e riunirmi al resto del gruppo.
    Ripercorro la strada al contrario ma non e' semplice localizzare il gruppo che si e' infilato in un campo ai lati della strada nascosto da una da una fitta siepe.
    Di sicuro il posto che hanno scelto per mangiare e' migliore del mio triste parcheggio, ma non e' assolutamente paragonabile a quelli scelti nei giorni scorsi.
    Ripartiamo alla volta di Paestum, ma la strada e' ancora lunga e per nulla entusiasmante.
    Un'ulteriore sosta la facciamo in corrispondenza di un bar che avevo precedentemente adocchiato per rifocillarci di acqua fresca e gustarci un buon caffe'.
    Il percorso odierno non fa altro che aumentare il mio desiderio di montare sul treno che mi riportera' a casa.
    La voglia di porre fine a questa tappa così poco entusiasmante non e solo una mia prerogativa e iniziamo una veloce volata verso la meta della giornata. Ad ostacolarci un leggero vento contrario segno che siamo vicini alla costa.
    Districandoci tra il traffico ormai divenuto sostenuto, si percorre il lungo rettilineo che attraversa il comune di Capaccio scalo e finalmente i segnali turistici che indicano gli scavi ci preannunciano l'arrivo.
    Il viale della zona archeologica e' affollato di turisti e gruppi matrimoniali venuti ad assistere alle foto di rito degli sposi (evidentemente qui si sposano anche di lunedì).
    Ci informiamo sugli orari di visita, ma prima di acquistare il biglietto mi vado ad accertare dell'orario del treno di ritorno presso la stazione di Paestum che e' poco distante.
    La biglietteria e' chiusa e sono costretto cercare un bar-tabaccaio fornito di biglietti chilometrici (almeno fino a Salerno).
    Fortunatamente uno dei bar degli scavi ne e' fornito e mi assicuro il primo passaggio per il ritorno.
    C'e' abbastanza tempo per una rapida visita ai templi prima di procedere con i saluti e ne approfitto dal momento che non sono mai stato in questo sito archeologico.
    Approfittiamo per fare un'ultima foto di gruppo prima di dividerci ognuno per la sua strada.
    Sono impaziente come ogni volta cehe devo prendere un treno e non porgo particolare attenzione alla visita di questo luogo, la preoccupazione di perdere quell'ultima coincidenza con il treno per Roma mi fa percorrere velocemente il perimetro panoramico intorno ai tre templi costringendo in questa corsa anche i miei compagni di viaggio.
    Ci siamo, slegata la bici mi appresto a salutare il gruppo (ormai sono gia' con la testa a casa).
    Le ultime raccomandazioni affinche' documentino l'ultima tappa e soprattutto lo svuotamento dell'ampolla una volta giunti a destinazione.
    Non saro' presente all'evento ma mi piacerebbe vederne un filmato. Mi rassicurano che saro' soddisfatto e scambiati gli ultimi saluti
    inforco la bici ed in solitario mi dirigo verso la stazione.
    Il treno erriva in orario in stazione ed il vagone per il trasporto bici e' deserto.
    In compenso un paio di personaggi poco rassicuranti popolano lo scompartimento adiacente percio' preferisco rimanere accanto al mio mezzo che in questo viaggio e' il mio piccolo mondo.
    In prossimita' di Napoli la ferrovia passa vicinissima al mare e prima di arrivare in stazione riesco a ammirare un bellissimo tramonto sul golfo.
    La biglietteria della stazione centrale e' affollatissima ma per fortuna le macchinette automatiche funzionano ed approfitto per procurarmi il biglietto fino a Roma presso una di queste.
    La scelta si rivela vincente, perche' vengo a sapere che tutta quella gente che sta in fila alla biglietteria tradizionale sta per essere dirottata sul mio treno dal momento che sono esaurite le prenotazioni di quello diretto precedente (in forte ritardo).
    Munito di biglietto vado verso il binario indicato e legata la bici nel vano apposito, mi scelgo un posto strategico per tenerla d'occhio (non si sa mai) e finalmente mi rilasso in attesa della partenza.
    Il viaggio in solitaria non e' ugualmente entusiasmante a quello di andata, per di piu' si svolge in tarda serata e nemmeno la visuale esterna mi e' di conforto.
    Seguo con la mente l'itinerario indicato dai nomi delle localita' presso cui effettua fermata e ad ogni sosta sento avvicinarsi sempre di piu' l'aria casalinga.
    Ho modo di riflettere su quanto accaduto in questi giorni, sulle piacevoli sensazioni provate, sui bellissimi paesaggi, sui legami riallacciati e sui progetti futuri per non perderli di nuovo.
    Il bilancio e' decisamente positivo e la soddisfazione dimostrata dai miei compagni di viaggio e' il mio unico e gratificante compenso.
    Li immagino ormai arrivati all'ultimo albergo previsto ma il rammarico di non essere con loro e' mitigato dal desiderio di rivedere la mia casa ed i suoi occupanti.
    Domani e' prevista la tradizionale scampagnata in occasione della festa dei lavoratori e ho dato mandato alla famiglia di organizzare questo evento in compagnia di qualche amico .
    Il treno arriva a termini alle 23.00 passate, ora mi attende una veloce volata di circa 10 chilometri fino a casa, disturbato da una leggera pioggerella che preannuncia l'arrivo della perturbazione piu' consistente prevista per il giorno successivo. Il tragitto dalla stazione e' un percorso abituale, superato lo scoglio di porta maggiore e del sottopassaggio all'altezza dell'ex pantanella mi sento ormai a casa, l'ultimo tratto da ponte casilino a torrespaccata e' quasi una passeggiata e l'ora tarda fa si che anche il traffico veicolare sia piuttosto scarso, riesco così ad arrivare a casa prima dello scattare del nuovo mese.

    per me questa è la fine del resoconto, ma magari qualcuno vuole raccontare la giornata successiva ;)

    FINE
     
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  8. Maurizio P
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    Grazie Sergio,
    per questo racconto che mi ha fatto rivivere quei bei momenti!
     
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  9. sunny
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    Ciao a tutti...sono nuova del forum...molto interessante....vedo che si organizzano delle belle cose....volevo chiedervi un'informazione...vorrei partire da Roma per fare Basilicata coast to coast. ma da internet non riesco a capire su quale treno posso portare la bici...da Roma a Maratea mi sapete dire su quale treno posso caricarla senza problemi? Con le Ferrovie non riesco a parlare..oppure pensavo di andare in macchina a Maratea fare la traversata e poi tornare in treno a Maratea...ma lì dovrei trovare una sistemazione per la macchina..avete dei suggerimenti? B & B economici? Grazie mille


     
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    CITAZIONE (sunny @ 29/5/2012, 09:57) 
    Ciao a tutti...sono nuova del forum...molto interessante....vedo che si organizzano delle belle cose....volevo chiedervi un'informazione...vorrei partire da Roma per fare Basilicata coast to coast. ma da internet non riesco a capire su quale treno posso portare la bici...da Roma a Maratea mi sapete dire su quale treno posso caricarla senza problemi? Con le Ferrovie non riesco a parlare..oppure pensavo di andare in macchina a Maratea fare la traversata e poi tornare in treno a Maratea...ma lì dovrei trovare una sistemazione per la macchina..avete dei suggerimenti? B & B economici? Grazie mille

    Ciao sunny,
    per prima cosa ti do il benvenuto sul forum e ti invito a fare un post di presentazione nella sezione specifica, tanto per capire il tuo grado di "skill" cicloturistico ;) .

    Per quanto riguarda il sito nuovo di trenitalia in effetti abbiamo notato anche noi che non aiuta a capire quali sono i treni disposti per caricare le bici montate. In generale vale la regola che sui regionali e interregionali lo si possa fare, su tutti gli altri bisognerebbe smontarla ed inserirla in una apposita sacca (ma basta anche una busta molto capiente tipo quelle usate per imballare i materassi ).

    Inizialmente queto viaggio doveva essere proprio quello che intendi fare tu, ma poi considerati i dislivelli giornalieri ho optato per cambiare il percorso in quello che trovi descritto qui. Ad ogni modo un ipotesi per gli alloggi la avevo studiata nel post originario che trovi qui.

    Fammi sapere se ti e' sufficente o magari potremmo parlarne in una prossima uscita a cui spero ti aggregherai presto ^_^ .

    Con il beneficio di inventario trovi tutto quello che avevo pianificato qui:

    https://docs.google.com/document/d/14VO1MS...6_sc/edit?pli=1
     
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    Che vi ricorda?

    www.viadelgrano.org/LaViadelGrano/tabid/471/Default.aspx

    :)
     
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325 replies since 16/2/2012, 13:44   10814 views
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